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Prostituzione ed eros nei manga giapponesi

Nel Giappone del secolo XVII esistevano le Hanamachi (città dei fiori), e gli Yukaku (quartieri del piacere), conosciuti anche come i quartieri dei fiori e dei salici, ed erano luoghi frequentati da persone a dir poco unusuali e bizzarre, o che quantomeno si differenziavano vistosamente dalle altre. C’erano molti buddhisti tra i frequentatori abituali di Hanamachi e Yukaku, e per loro era fondamentale farlo, in quanto solo così riuscivano a ‘liberarsi’ ed a raggiungere uno stato di illuminazione, una condizione fisica e mentale che permetteva loro di dimenticare per un attimo tutto e tutti ed immergersi nel piacere.

Era quello il mondo di Geishe ed Oiran, donne di compagnia i cui profili erano molto simili tra loro, ma che nel contempo si differenziavano per alcune caratteristiche che analizzeremo più avanti. Il loro lavoro era estenuante, e spesso erano costrette a trattenersi con i clienti fino all’alba, sempre ordinate e profumate, dolci e gentili, e vestite di pesanti kimono che farebbero sudare chiunque alla sola vista.

Che differenza c’è tra Geisha e Oiran?

Ancora oggi si fa confusione quando si parla di figure femminili della cultura orientale come Geisha e Oiran, dunque sarebbe bene fare un po’ di chiarezza a tal proposito. Tanto per iniziare diamo una collocazione storica al periodo in cui ci troviamo; siamo in Giappone agli inizi del 1600 , quando cioè ebbe inizio il cosiddetto periodo Edo, epoca storica in cui la famiglia Tokugawa deteneva il massimo potere politico, e stabilì la sua sede nella capitale Edo, poi ribattezzata Tokyo nel 1868.

Accennavamo prima alle tante similitudini tra la figura della Geisha e quella della Oiran ed infatti, anche se sulle prime può sembrare che si parli più o meno della stessa persona, analizzandole meglio ci si accorge che non è affatto così. Le Geishe erano viste più come donne intrattenitrici, donne che possedevano diverse qualità e conoscenze, come quella della musica, della danza, del canto; le Oiran invece ricordavano più la figura delle cortigiane, ovvero donne di piacereparagonabili se vogliamo alle odierne escort di lusso, anch’esse colte e sempre eleganti, adatte a stare vicino ad uomini di potere e prestigio, e vere dee a letto.

Il genere Hentai

Fatte queste premesse, analizziamo adesso un aspetto della cultura giapponese che ormai risulta essere molto comune anche in altre parti del mondo, ovvero quello dei manga a sfondo erotico-sessuale, una vera e propria arte tutta nipponica che si tramanda da generazioni nei secoli, e che oggi probabilmente il pubblico identifica più semplicemente con la parola Hentai, termine che letteralmente significa anormalità, perversione, con ovvi riferimenti alla sfera sessuale.

Sono tantissimi i fumetti, i cartoni animati, e perfino i videogames di genere Hentai, e tutti sono caratterizzati da fantasie sessuali così bizzarre e perverse che sarebbe impossibile riuscire a riprodurle in un film con attori veri per il grande schermo. Pur essendo nato e cresciuto in Giappone, il genere Hentai si è ben presto diffuso anche in Occidente soprattutto grazie ad internet, e col tempo sono venute a crearsi delle categorie nelle quali esso può essere suddiviso, proprio come si fa nel genere porno, vediamo quali sono.

Come vengono classificati gli Hentai

Il genere Hentai racchiude in se tutta una serie di perversioni sessuali, alcune delle quali caratteristiche del Giappone, altre invece molto comuni anche nel mondo occidentale; c’è la categoria degli Ashikoki, basata su pratiche sessuali che prevedono l’uso dei piedi (feetjob), o quella dei Bakunyu, caratterizzata invece dalla presenza di donne con seni enormi pronti ad esplodere (bursting breasts), e poi ancora il Nekomimi, dove le protagoniste sono in pratica donne gatto con tanto di coda ed artigli.

Oltre a quelle citate esistono tantissime altre categorie che sono in pratica simili a quelle che caratterizzano anche il mondo dei video porno reali, come BDSM, Bukkake, Incesto, Zooerastìa, Deformità ed altre ancora, ma a tutto ciò bisogna aggiungere quel pizzico di fantasia che è peculiare dei manga giapponesi, ossia quel mix tra realtà ed immaginazione che li ha resi famosi ed unici al mondo.

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