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La città incantata, opera maestra di Studio Ghibli

Il film offre, come del resto succede sempre quando si tratta di una produzione dello ‘Studio Ghibli’, una altissima qualità tecnica ed un raffinatissimo gusto estetico, e le fantasie del regista Hayao Miyazaki, che abbracciano tematiche profonde con uno stile narrativo molto rilassato e gradevole, arrivano dirette non solo ai bambini, ma sono adatte ad un pubblico di qualsiasi età.

Ultimato nel 2001 da questo grande regista, sceneggiatore, animatore, fumettista e produttore giapponese che può vantare una carriera cinematografica di circa 50 anni (è l’esponente dell’animazione giapponese più conosciuto al mondo), ‘La città incantata’ fu prodotta dallo ‘Studio Ghibli’, per poi essere distribuita da quella che un tempo si chiamava ‘Buena Vista International’, e che oggi invece è nota come ‘Walt Disney Studios Motion Pictures’. In breve tempo la pellicola balzò in testa a tutte le classifiche di gradimento, diventando il film di maggior successo di sempre in Giappone, ed uno tra i primi nel mondo ai botteghini, superando anche veri campioni di incassi come ‘Titanic’.

Temi trattati nel film

Il film è di chiara matrice fantastica, e la sua narrazione gradevole e ben articolata viene da molti critici accostata ad opere occidentali come ‘Harry Potter’ o ‘Il mago di Oz’.
La linea guida de ‘La città incantata’ è la scoperta di un ‘altro mondo’ , un mondo nel quale si possono sperimentare cose strane e magiche, che si alterna con il mondo reale, che riesce a confondere i due protagonisti principali Chihiro e Haku mescolandosi con i loro sogni.

Chihiro si ritrova improvvisamente nella città degli spiriti, e crede che sia tutto un sogno, ma proprio quando inizia a rendersi conto che sta diventando poco a poco sempre più invisibile, arriva Haku, un giovane ragazzo sulla dozzina di anni d’età. Haku offre a Chihiro una bacca proveniente dal mondo degli spiriti, e la bambina la mangia, riprendendo così forma tangibile ed essendo inoltre abilitata a permanere viva anche all’interno di quest’altro mondo.

Personaggi de ‘La città incantata’

Chihiro Ogino è una bambina di 10 anni entrata per caso nel mondo degli spiriti e costretta a restarci per un po’, in attesa di trovare un modo per liberare suo padre Akio e sua madre Yuko da un incantesimo che li trasformò in maiali; in suo aiuto accorre Haku, un bel ragazzino un po’ più giovane di lei, che la salva dalle grinfie degli uomini della strega Yubaba, e la aiuta a recuperare i suoi genitori, cosa che Chihiro ricambierà offrendogli il suo aiuto per ritrovare la sua identità, sottrattagli dalla strega per costringerlo a lavorare per lei.

E’ grazie a Kamaji, uno spirito con sembianze di ragno umanoide, ed a Senza Volto che Chihiro riesce a scappare ed a far riacquistare le sembianze umane ai genitori, ma quando i tre si raccontano l’accaduto come se fosse stato soltanto un brutto sogno, compaiono testimonianze che invece non lo era affatto, e che si era trattato di un breve viaggio in un mondo fantastico parallelo.

Qual’è il messaggio di questo film

E’ soltanto superando tutta una serie di difficoltà e di ostacoli presenti in un mondo fantastico che si trova poi la forza di ripetere le stesse imprese anche nel mondo reale, solo così, fuggendo dalla realtà e tuffandosi in un mondo parallelo, si acquisisce l’esperienza e la maturità per riuscire ad abbattere barriere ed ostacoli anche nella vita reale.

In questo tipo di racconti magici Miyazaki è maestro indiscutibile, e lo stile della sua narrazione e davvero unico al mondo; sarà forse per questo motivo che, a tutt’oggi, ‘La città incantata’ è considerato forse il miglior film della storia del cinema in generale, ed i tanti riconoscimenti ricevuti ne sono prova tangibile, primo della lista l’Oscar vinto nel 2003 come ‘miglior film d’animazione’.

Curiosità su ‘La città incantata’

Quando Miyazaki scrisse la sceneggiatura de ‘La città incantata’, lo fece con l’intento di dedicare l’opera intera alla figlia di dieci anni d’età del suo amico e co-produttore Seiji Okuda, in compagnia del quale il regista suoleva trascorrere l’estate; la produzione aveva un budget abbastanza ‘comodo’ (circa 15 milioni di euro), e fu così che iniziarono le riprese nel 2000.

Ebbene, il fatto curioso è che, dopo soltanto qualche giorno, il regista stesso si accorse che si era lasciato trasportare un po’ troppo dal suo impeto narrativo e che, di questo passo, il film intero sarebbe durato approssimativamente tra le 7 e le 8 ore; furono quindi tagliate alcune scene e riadattate altre, anche perché si correva il pericolo che il budget così comodo a disposizione potesse non bastare.

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